Ius culturae, Dekavalis “I tempi sono maturi”

slider, Modena

Nel trentesimo anniversario del varo della Legge 91 del 1992, il Partito democratico della città di Modena, con la responsabile Diritti civili e sociali e Inclusione Urania Dekavalis, torna sul tema della riforma della cittadinanza: “A una persona nata e cresciuta nel territorio italiano, che ha frequentato tutti i cicli di studio nella scuola italiana, deve venire riconosciuta la piena ed effettiva appartenenza alla nostra comunità”. La nota:

“Oggi, il 5 febbraio di trent’anni fa, veniva varata la Legge 91 del 1992. Una legge ormai superata e vetusta, che preclude diritti opportunità a quei ‘non cittadini’ figli di genitori stranieri, ma nati e cresciuti in Italia. Secondo l’ultimo censimento prima della pandemia, il numero dei potenziali cittadini ha superato gli 1,5 milioni nel 2020. Si stima, da recenti studi, che due studenti stranieri su tre nelle scuole italiane siano nati in Italia. Percentuale, certamente non trascurabile, che si alza ulteriormente nelle scuole primarie e dell’infanzia. Questa importante fetta di popolazione – solo nell’ultimo anno si sono registrate 60.000 nascite di bambini stranieri in Italia pari a un settimo del totale – deve avere un peso e una voce. Negli ultimi anni è diventata, fortunatamente, prassi da parte dell’Amministrazione comunale, conferire la cittadinanza onoraria ai bambini di origine straniera, residenti a Modena e nati in Italia dal 2009. Questa iniziativa, fortemente voluta e promossa, dal Partito democratico, contribuisce assieme a tante altre a realizzare quell’idea di inclusione in cui noi crediamo.

Il Consiglio comunale di Modena, inoltre, nel corso degli ultimi anni, si è impegnato fattivamente a sostegno della riforma della cittadinanza, presentando e approvando più ordini del giorno. I tempi ora sono maturi. Quando il Presidente Mattarella parla di ‘disuguaglianze’ l’interpretazione che va data all’accezione è estensiva. Una persona che sia nata e cresciuta nel territorio italiano, che abbia frequentato tutti i cicli di studio nella scuola italiana, che sia formato nella cultura italiana, che sia stato educato ai valori della Repubblica italiana, che lavori in Italia, che sia propulsore dell’economia italiana, come potrà non sentirsi un “disuguale” e avere a cuore le sorti del proprio paese, se non gli viene riconosciuta la piena ed effettiva appartenenza alla comunità nella quale è nata e cresciuta? La validità logica del Patto Sociale risiede nel riconoscimento dello stato di consociato a chi si fa beneficiario degli onori e diritti, ma e soprattutto, portatore dei doveri e gli oneri, che da questo patto derivano. Chiunque non alimenti il dialogo sul tema e non abbia il coraggio di farsi portatore di queste istanze è colpevole della paralisi di una riforma che, non solo è auspicabile, ma, ormai nel 2022, doverosa per la dignità di tutti quegli italiani che per ora sono italiani solo di fatto e non di diritto. Ciò rappresenterebbe non solo opportunità e stimolo per questo potenziale generazionale, non pienamente espresso, poiché non riconosciuto, ma anche un vero argine alle derive razziste e discriminatorie, che trovano in un sistema legislativo non inclusivo il loro fondamento teorico. Una riforma cambierebbe non solo la vita a centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi che in Italia hanno sempre vissuto e sono cresciuti coi valori della Repubblica Italiana ma sarebbe anche una risposta alle spinte populiste, razziste e discriminatorie perché potrebbe cambiare la percezione sul destino di chi, entrato in Italia, si crea un percorso di vita, maturando doveri e diritti, fra cui quello all’essere riconosciuto come cittadino italiano”.