Coop spurie, Sabattini “Le stiamo stanando e migrano verso le Srl”

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Il presidente della Commissione regionale speciale di ricerca e studio sul fenomeno delle cooperative cosiddette spurie e fittizie, il modenese Luca Sabattini, ha presentato gli indicatori per tracciare le false imprese e favorire i controlli. “Imprenditori senza scrupoli – ha detto Sabattini – cambiano già forma societaria”.

Un cruscotto, un insieme di strumenti insomma, per individuare, nell’analisi delle banche dati oggi accessibili, gli indicatori quantitativi e qualitativi potenzialmente rivelatori della presenza di una cooperativa falsa, applicabili anche alle false imprese. È il risultato più significativo della relazione finale conclusiva dei lavori e del mandato della Commissione, presentata in conferenza stampa da Luca Sabattini, presidente della commissione Speciale di ricerca e studio sul fenomeno delle cooperative cosiddette spurie o fittizie istituita dall’Assemblea legislativa. Il fenomeno della cooperazione – ha sottolineato il presidente – è stato ben fotografato dalla Commissione, effettuando un excursus giuridico e focalizzando gli elementi distorsivi tipici della falsa cooperativa grazie ai quali sono stati predisposti gli strumenti per rendere trasparente il fenomeno della falsa cooperazione e della falsa impresa affinché si affini e si estenda il controllo sociale. Questo per tracciare una netta distinzione tra la cooperazione mutualistica seria e quella fittizia, che era uno degli obiettivi principali del mandato della Commissione. Gli indicatori per individuare le false coop, ha puntualizzato Sabattini sono stati realizzati “grazie al contributo di una pluralità di soggetti e sono sia di tipo quantitativo che di tipo qualitativo”. Il presidente, poi, è passato a tracciare l’identikit di una cooperativa falsa: “Presenta un elevato numero di soci-lavoratori a fronte di una quota esigua di capitale versato. Ha breve durata (massimo 2 anni), per eludere i controlli, e si configura come una ‘scatola vuota’, cioè viene costituita per trasferire blocchi di personale da una cooperativa a un’altra senza un atto giuridicamente rilevante e per svolgere solo determinate prestazioni o fasi di lavorazione (mono committenza), al fine di ridurre i costi del lavoro. Fornisce esclusivamente manodopera e non presenta immobilizzazioni strumentali o know-how. Ha patrimonio netto negativo, costo per unità di personale inferiore ai minimi sindacali e indebitamento bancario quasi inesistente se confrontato col fatturato, al fine di eludere tracciabilità e controlli. Condivide con altre cooperative un’unica sede legale e, nei vari passaggi da una coop all’altra, mantiene gli stessi amministratori e la stessa base occupazionale (lavoratori). Presenta irregolarità contributive (mancato versamento dei contributi previdenziali), amministrative e fiscali e spesso non ha un bilancio di esercizio approvato. Inoltre, non è iscritta alle centrali cooperative, è praticamente priva di attività sindacale interna, eccettuate sigle di comodo che stipulano contratti ‘pirata’, e non applica un contratto collettivo sottoscritto dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Infine, non ha un regolamento interno e la partecipazione alle assemblee dei soci-lavoratori è pressoché inesistente”. L’attenzione mediatica sul lavoro della Commissione speciale e più in generale sul fenomeno della falsa cooperazione – ha concluso Sabattini – sta spingendo imprenditori senza scrupoli a ricorrere alla forma giuridica della Srl (società a responsabilità limitata) o Srl semplificata. Per questo motivo lo studio condotto dalla Commissione speciale e lo strumento messo a punto (cruscotto) devono diventare patrimonio anche di altre Regioni e dell’intero paese.