Decreto ‘del fare’, il primo passo

Segreteria, slider

Il mio intervento su Il resto del Carlino del 19 agosto 2013.

Il deflagrare politico e mediatico della vicenda giudiziaria di Berlusconi rischia di ‘oscurare’ due importanti traguardi del Governo Letta: la conversione in legge dei decreti ‘del fare’ e ‘lavoro’, approvati alla Camera in via definitiva la scorsa settimana. Si tratta di due provvedimenti che, pur con esigue risorse a disposizione, segnano punti concreti a favore dell’impervia operazione di aggancio della crescita per il nostro Paese. Vi sono contenute misure, per quanto parziali, in controtendenza rispetto ad una deriva del Paese, non ancora arrestata, figlia di un mix di fragilità strutturali intrecciate a una gravissima crisi economica tale da spingerci fino alla recessione, che troppo a lungo ci ha visto inermi, col rischio di svegliarci un giorno illuminati da una pallida alba greca. Non è mia intenzione stilare qui l’elenco dei contenuti dei due provvedimenti né sovradimensionarne la portata: sono solo un primo parziale passo concreto che prova ad invertire la spirale negativa, altri dieci ce ne saranno da fare.

Tra le tante misure approvate, penò, credo valga la pena segnalarne alcune che mi paiono particolarmente qualificanti: lo sblocco di altri 205 miliardi di pagamenti di debiti contratti nei confronti delle imprese da parte delle pubbliche amministrazioni, un passaggio indispensabile per reintrodurre liquidità e rimettere in moto l’economia; gli incentivi a nuove assunzioni attraverso gli sgravi contributivi per le imprese che assumono con contratti a tempo indeterminato giovani tra i 18 e i 29 anni; l’istituzione di un fondo per permettere alle amministrazioni di finanziare tirocini formativi; la semplificazione di alcune procedure, come ad esempio l’obbligo della pubblica amministrazione di indennizzare i cittadini in caso di ritardo nella conclusione di un procedimento amministrativo.

Questi e tanti altri ancora, tra i quali mi pare giusto segnalarne uno particolarmente simbolico: il tetto nelle retribuzioni e il taglio del 25% dello stipendio dei manager pubblici. Una misura che incide poco rispetto al contenimento della spesa pubblico, ma un segnale importante in direzione dell’equità. Enrico Letta si sta muovendo all’interno di un quadro economico e politico strettissimo, per non dire angusto. Il tema non è indire ogni giorno un referendum sul Governo Letta in sé, per ripeterci che non è il governo che avremmo voluto, ma incalzarlo e misurarlo ogni giorno sul fare, guardando alla prospettiva: attuare quelle riforme indispensabili per mettere davvero in sicurezza il Paese e portarlo successivamente alle urne con una nuova legge elettorale, legge che metto ai primissimi posti dell’agenda di settembre. Al di fuori quindi di questo ruolo stringente di servizio, il governo non avrebbe senso e potrebbe chiudere i battenti oggi stesso.

Penso sia importante mettere ora sotto i riflettori i risultati, quando ci sono, rivendicando senza timidezze che ‘Si può fare‘, che le cose possono cambiare, che c’è una coerenza politica non solo possibile ma concretamente agita. Ancora una volta, drammaticamente, il tema serio della giustizia rischia di rimanere politicamente’sequestrato’ dalla vicenda di una sola persona, mentre va definitivamente ‘dissequestrato’per tornare a parlare e quindi cambiare le condizioni gravi e non più tollerabili in cui versa il funzionamento dell’amministrazione della giustizia, per milioni di italiani.

(Fonte immagine: enricoletta.it)