Aemilia, Fava “Nelle carte dei pm chi faceva affari con le mafie”

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I pubblici ministeri della Dda, dopo tre giorni di requisitoria, hanno presentato le richieste di condanna per i quasi 150 imputati del processo Aemilia. Tra questi anche gli imprenditori modenesi Bianchini e Gibertini. “Dal quadro ricostruito dai pm – commenta il segretario provinciale del Pd Davide Fava – risulta che tanti, tra Modena e Reggio Emilia, hanno fatto affari con la cosca Grande Aracri non solo perché costretti, ma soprattutto perché convinti dalla loro forza economica di cui avevano bisogno per fare impresa e garantirsi guadagni facili”. Ecco la dichiarazione di Davide Fava:

“Le richieste di condanna formulate nell’aula bunker di Reggio Emillia dai pubblici ministeri del processo Aemilia sono da leggere con attenzione e divulgare. Perché lì, in quelle pagine, si possono capire con chiarezza le ragioni per le quali la ’ndrangheta ha trovato terreno fertile per il proprio insediamento non in Calabria ma qui in Emilia. Ai pm e alle Forze dell’ordine che hanno consentito di arrivare a quelle conclusioni vanno i nostri più sentiti ringraziamenti. C’è stata troppa indifferenza attorno a questo processo. Se escludiamo il lavoro di Libera che ha portato in aula centinaia di ragazze e ragazzi delle scuole e loro volontari, diversi amministratori Pd che fino ai giorni scorsi hanno assistito ai dibattimenti, alcuni organi di informazione regionali e locali, e pochi altri volenterosi, uno dei più grandi processi italiani contro la mafia e in particolare contro la ’ndrangheta è passato nei fatti sotto una grande coltre di indifferenza. Ciò che i pm hanno messo nero su bianco è che in questa regione, dove pure tanto si è fatto per contrastare la presenza delle mafie, imprenditori, giornalisti, professionisti, notai, politici (pochi in verità) sono stati accusati di aver fatto affari con la cosca Grande Aracri di Cutro, domiciliata a Brescello, non solo perché costretti, ma soprattutto perché convinti dalla loro forza economica, di cui avevano bisogno per fare impresa e garantirsi guadagni facili. Il processo “Black monkey”, chiusosi a Bologna nel 2017, ci aveva confermato come, nel settore economico del gioco d’azzardo, sempre uomini della ’ndrangheta avevano costruito un impero da 40 milioni di euro, ramificandosi in tante province, tra cui anche la nostra. Attenderemo, naturalmente, la conclusione del processo Aemilia per conoscere quanto delle richieste dei pm sarà accolto, ma già oggi ci sono tanti elementi di conoscenza in più su cui riflettere ed agire per provare a costruire una nuova cultura della legalità nelle nostre terre”.