Rai, Guerra “Sia convocata al più presto la Commissione di Vigilanza”

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Anche la senatrice modenese del Pd Maria Cecilia Guerra, fra i sette senatori che hanno sottoscritto una lettera, prima firmataria Lucrezia Ricchiuti, al presidente della Commissione di vigilanza Rai Roberto Fico e per conoscenza alla presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi sulla prevista partecipazione del figlio di Salvatore Riina a “Porta a Porta” di questa sera, chiedendo di convocare al più presto una seduta della Commissione di vigilanza.

Sia convocata al più presto una seduta della Commissione di vigilanza per verificare presupposti e misura di sanzioni sulla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per questi episodi che oggettivamente rischiano di far sembrare la televisione pubblica il salotto in cui le associazioni criminali sono di casa: è quanto si legge nella lettera inviata da sette senatori Pd, prima firmataria Lucrezia Ricchiuti, fra i quali anche la modenese Maria Cecilia Guerra, al presidente della Commissione Roberto Fico e per conoscenza alla presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, dopo aver appreso della partecipazione alla puntata di questa sera della trasmissione “Porta a porta” del figlio di Riina, capo riconosciuto del clan mafioso dei Corleonesi, condannato a diversi ergastoli e recluso al regime di cui all’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario. Si tratta dello stesso Totò Riina, responsabile dell’omicidio di Falcone – si legge ancora nella nota sottoscritta dai setti senatori Pd – che nell’ora di socialità con un tale Lorusso lo scorso ottobre 2014 ha inviato all’esterno il messaggio di far uccidere Nino Di Matteo. Il fine di cronaca di intervistare il figlio, che mai si è dissociato dai crimini del padre, è nullo, sottolineano con forza i promotori dell’iniziativa: si tratta solo di un momento di indebita pubblicità a una famiglia che in nessun modo contribuisce all’elevazione civica e culturale del Paese. Nel contratto di servizio tra il Ministero dello Sviluppo economico e la RAI non v’è alcun passaggio che consente di strumentalizzare i concetti di pluralismo informativo e di ampiezza culturale dell’offerta radiotelevisiva per dare voce alle famiglie d’appartenenza dei mafiosi già condannati per orrendi delitti e notoriamente pericolosi per tutta la collettività nazionale. Bruno Vespa – rimarcano infine i senatori – si è già reso responsabile di un’esecrabile trasmissione lo scorso agosto 2015, allorché invitò in studio esponenti della famiglia mafiosa dei Casamonica di Roma e i loro avvocati. E già in quell’occasione la RAI fu destinataria di precise e circostanziate censure in diversi sedi, compresa la Commissione d’inchiesta sulle mafie.

(Fonte immagine: tvzap.kataweb.it)