Colf-badanti, Guerra “Inps restringe arbitrariamente diritto Naspi”

Dai parlamentari

I lavoratori e le lavoratrici domestiche rischiano di essere penalizzati da un’interpretazione dell’Inps delle norme per ottenere la nuova indennità di disoccupazione, la cosiddetta Naspi: la senatrice modenese del Pd Maria Cecilia Guerra ha presentato in proposito una interrogazione al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti.

Fra i requisiti richiesti ai lavoratori dipendenti per ottenere la nuova indennità di disoccupazione (Naspi), c’è quello di avere svolto almeno 30 giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione. L’Inps, nella circolare n. 94 del 12 maggio, aveva chiarito che “le giornate di lavoro effettivo sono le giornate di effettiva presenza al lavoro a prescindere dalla loro durata oraria.” “Questo criterio – spiega la senatrice modenese del Pd Maria Cecilia Guerra – viene però violato nel caso dei lavoratori e delle lavoratrici domestiche. Infatti, dal momento che è difficile sapere quante siano le giornate lavorate, perché l’Inps conosce solo in quali settimane c’è stato lavoro e quante sono le ore complessivamente lavorate, si trasforma il requisito delle 30 giornate in un altro requisito: avere lavorato 24 ore alla settimana per almeno 5 settimane”. “In questo modo – continua Guerra – per una difficoltà di accertamento non certo a lui imputabile, un lavoratore domestico che abbia effettivamente lavorato 30 giorni nel periodo di osservazione, ma non abbia lavorato 24 ore alla settimana per 5 settimane, non accederebbe alla Naspi. Ma – conclude la senatrice – sono molti i lavoratori e le lavoratrici domestiche che lavorano, in regola, meno di 24 ore a settimana e per ben più di trenta giorni all’anno. Per questo ho presentato una interrogazione al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali per sapere se non ritenga che il criterio suggerito dall’Inps sia in contrasto con la disposizione di legge e leda un diritto del lavoratore domestico e se non ritenga che l’Istituto lo debba modificare tempestivamente”.