Lavoro, Baruffi “Non ascoltarsi reciprocamente sarebbe un errore”

Dai parlamentari

«Quello che approda domani alla Camera è un testo migliorato ma che ha bisogno di altre precisazioni e correttivi. Per questo è giusto che il Parlamento faccia fino in fondo il proprio mestiere, migliorando quel che è da migliorare ed esplicitando quel che ancora resta vago nella delega. In tempi certi che assicurino il varo definitivo della legge entro l’anno, come richiesto dal Governo. Parlare ora di fiducia è prematuro e sbagliato, sia nel merito che nel metodo. Così il deputato modenese del Pd Davide Baruffi, componente della Commissione lavoro della Camera, alla vigilia dell’approdo a Montecitorio della Legge delega sul mercato del lavoro. Ecco la sua dichiarazione:

“Domani, giovedì 16 ottobre, nel giorno dello sciopero generale della Cgil in Emilia-Romagna, la legge delega che riforma il mercato del lavoro approderà a Montecitorio e sarà incardinata alla Commissione Lavoro. È un testo, ora, piuttosto diverso rispetto a quello licenziato in primavera dal Governo, sicuramente migliore. La discussione di questi mesi, ancorché molto accesa, ha quindi prodotto alcuni primi effetti positivi: la delega è ora meno generica e raccoglie alcune delle correzioni che da più parti erano state proposte. Tra queste la ritrovata centralità del contratto di lavoro a tempo indeterminato, che deve essere, tra tutti gli altri possibili modelli, il meno costoso e il più conveniente per il datore di lavoro che assume. Le prime informazioni che abbiamo sulla legge di stabilità vanno peraltro in questa direzione, prevedendo la decontribuzione totale per i primi tre anni dall’assunzione. Anche la scelta, ora esplicita, di disboscare la giungla delle tipologie di contratti precari esistenti, promuovendo un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, è un deciso passo avanti nella lotta alla precarietà e per l’estensione dei diritti del lavoro. Non di meno, le risorse indicate per estendere gli ammortizzatori sociali anche a chi ora ne è privo, se confermate in legge di stabilità, sono una risposta concreta al bisogno di tutela per i precari e per chi perde il posto di lavoro. Ci sono altre correzioni che vanno giudicate positivamente: ad esempio, si è posto un freno all’estensione indiscriminata dei voucher, ed è stato chiarito in modo più netto l’istituto del demansionamento con garanzie economiche e di agibilità sindacale prima assenti. Tutte insieme, queste novità, ci consegnano alla Camera un testo migliorato ma che ha bisogno di altre precisazioni e correttivi. Per questo è giusto che il Parlamento faccia fino in fondo il proprio mestiere, migliorando quel che è da migliorare ed esplicitando quel che ancora resta vago nella delega. In tempi certi che assicurino il varo definitivo della legge entro l’anno, come richiesto dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. Parlare ora di fiducia è prematuro e sbagliato, sia nel merito che nel metodo. Solo pochi esempi di cose da migliorare. Manca un minimo di disciplina rispetto al nuovo contratto a tutele crescenti: quanto dura il periodo di prova? Di quali tutele stiamo parlando? Anche sul superamento delle tipologie contrattuali più precarizzanti occorre precisare meglio perché quella al Governo sia una delega vera e non in bianco: quali forme contrattuali intendiamo superare? Come vogliamo raccordare quelle rimanenti con il nuovo contratto a tutele crescenti? Infine, altri istituti debbono trovare una più corretta definizione, a partire da quello dei controlli a distanza: bene se si tratta di controllare gli impianti, male se si pensa di controllare le persone violando la loro privacy. Nella delega non c’è una parola in materia di licenziamenti e reintegro (art. 18 dello statuto dei lavoratori), pur essendo questo il tema più discusso e su cui il Governo ha più esternato in queste settimane. Persistere in questa ambiguità non fa bene. Se si sceglie di derubricare il tema io sono d’accordo: ritengo che il nostro primo impegno sia quello di monitorare gli effetti prodotti dalla riforma di due anni fa e poi eventualmente correggere; se invece, come temo, il Governo chiede una delega in bianco per non misurarsi ora con i diversi punti di vista presenti nella maggioranza io non sono d’accordo. Nel documento approvato pochi giorni fa dalla Direzione del Pd è avanzata una possibile soluzione, pur da precisare: mantenere il reintegro per i licenziamenti discriminatori e disciplinari e prevedere l’indennizzo per quelli economici. Non è la “mia” proposta ma è comunque un compromesso. Tra un’omissione per debolezza e un compromesso difficile io scelgo sempre il secondo. Il premier e il Pd sono ancora d’accordo sulla propria proposta di pochi giorni fa votata dalla Direzione? Se il voto della Direzione è impegnativo per me lo è anche per il segretario. Domani, dicevo, la Cgil farà sciopero nella nostra regione e tra dieci giorni seguirà una manifestazione nazionale. Quando i lavoratori si mobilitano il compito di un partito di governo, a maggior ragione se di sinistra, è quello di ascoltare con rispetto e poi rispondere nel merito. In commissione lavoro ascolteremo tutti e con tutti ci confronteremo, in un ciclo di audizioni ad hoc. Poi, come è naturale che sia, il legislatore deciderà assumendosi le proprie responsabilità. Ma il confronto resta il sale della democrazia e non ascoltarsi, reciprocamente, in questa fase sarebbe un errore.