“Pei soli pedoni”, in mostra la Modena che non ti aspetti

Anni passati

Si inaugura, nel tardo pomeriggio di martedì 27 agosto, dopo la cerimonia del taglio del nastro della Festa, la mostra “Pei soli pedoni”, 423 immagini che il fotografo Paolo Monti scattò, nell’agosto del 1973, a un’inedita Modena senz’auto. La rassegna, curata da Fausto Ferri, è allestita all’interno dell’area di Ponte Alto che ospita la sesta Festa provinciale del Pd. Ad ingresso gratuito, potrà essere visitata per tutta la durata della manifestazione, fino a domenica 22 settembre. 

Non era stata l’austerity, che pure quell’anno aveva ridisegnato le domeniche degli italiani, ma il Comune di Modena a decidere di sgomberare il centro della città dalle tante automobili che, all’epoca, potevano ancora percorrere la via Emilia e parcheggiare accanto al Duomo. Il fine era di tipo tecnico: elaborare un quadro conoscitivo urbanistico e architettonico della città storica. Il risultato fu una ingente raccolta fotografica degli edifici, delle strade, degli angoli e dei cortili di una Modena che, a distanza di quarant’anni, è cambiata, ma non poi così tanto come crediamo. I 1.700 scatti che il fotografo Paolo Monti costruì in quel lontano agosto 1973 sono oggi custoditi nella Biblioteca civica d’arte Luigi Poletti.

A partire da quell’imponente lavoro, Fausto Ferri ha ideato, per la Festa provinciale del Pd modenese, un’inedita mostra che raccoglie oltre 420 immagini di Paolo Monti inserite in un percorso che, plasticamente, segue quello delle vecchie mura cinquecentesche della città. Titolo dell’esposizione “Pei soli pedoni – Modena senz’auto nell’estate del ‘73”. Nel caso di Ponte Alto, i “pedoni” si muoveranno tra le immagini di Monti camminando sulla pianta, in scala, della città storica che, all’epoca, era stata l’oggetto della campagna fotografica voluta dal Comune. Nelle immagini di Monti, invece, i “pedoni” erano gli unici abitanti, insieme a qualche raro ciclista, di un mondo in bianco e nero, fatto di caldo, mura, arcate e botteghe artigiane. “In questi mesi – racconta Fausto Ferri – ho voluto rifare il percorso di Monti. Sono tornato in tutti i luoghi da lui fotografati, per vedere cosa e come è cambiato il cuore della nostra città. Ci sono garage dove, una volta, c’erano finestre. I cortili interni sono ormai chiusi dai portoni. I colori degli edifici sono stati rinnovati. Ogni angolo è una sorpresa. I modenesi doc si divertiranno, credo, a rifare quel percorso insieme a me”. Paolo Monti era fotografo già affermato quando venne chiamato dall’Amministrazione cittadina a elaborare una ricognizione fotografica della città storica. L’editore Livio Garzanti gli aveva affidato il commento visivo della Storia della letteratura italiana e lì era iniziata la collaborazione con Andrea Emiliani che spronò Monti a esplorare, per primo, le strade professionali del rilevamento fotografico dei beni culturali e architettonici. Quando arrivò a Modena, analoghi lavori gli erano già stati commissionati da altre città, come Bologna.

“L’importanza culturale del lavoro non è contraddizione, come può apparire, con la finalità tecnica del rilievo – spiega Vanni Bulgarelli, responsabile provinciale del programma Pd, e studioso dei mutamenti della città nel Novecento – Monti produce insieme rilievi architettonici e dettagli edilizi, quinte del paesaggio urbano, scoperta di luoghi privati ignoti ai più, restituendo un’immagine paesistica di uno spazio urbano, per certi versi dimenticato, con l’idea di ricostituirne, salvaguardandola, quella originaria”. Una mostra, quella allestita alla Festa provinciale del Pd, che vuole essere anche una “provocazione” culturale e politica in senso lato: “Questa mostra è il paradosso poetico di un’utopia urbanistica – conferma Fausto Ferri – l’idea di una città senz’auto. Una tesi che, se oggi sembra contraddire il realismo del senso comune, grazie agli scatti di Monti diventa non solo immaginabile, ma tangibile”.